Il tastevin, per quanto incredibile, ha origini remote. Le notizie relative a coppe per assaggiar il vino sono databili a più di tremila anni or sono. Negli antichi affreschi di Pompei si possono osservare rudimentali “tastevin” che si avvicinano a quelli odierni, nondimeno notizie mirate sul nobil utensile si hanno a partire dal XVI secolo. La nomea prese le mosse nella Francia del XVII secolo, ma il tastevin si diffuse soprattutto tra l’800 e il ‘900. Dapprima venne realizzato in metallo e persino legno. In seguito fu scoperto che il tastevin doveva esser in argento oppure in materiale argentato, perché in tal modo contribuiva a dissolvere l’anidride solforosa contenuta nei vini bianchi giovani. Esistono due modelli di tastevin: il Bordolese che si presenta con un manico piatto, e il Borgognone che è invece dotato di un anello. Il modello Borgognoneha la forma di una tazza dal diametro di circa otto cm, con profondità di due e un manico. Al suo interno presenta una grossa bolla centrale denominata “bolla di livello”, che non deve mai esser superata dal vino versato. Intorno a questa bolla centrale, troneggiano una serie di quattordici piccole perle, che hanno la funzione di ossigenare velocemente il vino contenuto. Il lato sinistro ha una serie di otto perle concave, e servono per l’esame visivo dei nettari rossi. Sul lato destro del tastevin, sono disposte diciassette nervature incavate, per far risaltare il colore e la limpidezza dei nettari bianchi. Per valutare un vino bianco, il tastevin va impugnato con la mano sinistra versando il vino con la destra. Al contrario, per esaminare un rosso, si versa il vino con la sinistra impugnando il poggiadito con la mano destra. Il tastevin non va mai lavato con acqua, bensì asciugato dopo ogni uso con un panno pulito e privo di odori al fine di evitare la formazione di muffe, che finirebbero con il mortificare la degustazione dell’ambrosia.
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